LE RISPOSTE DEL NOSTRO ESPERTO ALLE DOMANDE DEI LETTORI

È legittima applicare una penale o interessi di mora per rate condominiali pagate in ritardo?

– Graziella da Sabaudia

Ogni persona che riveste la figura di condomino deve partecipare alle spese riguardanti la conservazione, manutenzione o rifacimento delle parti comuni. Nel caso di non soddisfacimento di tali oneri il condomino si espone all’azione di recupero da parte dell’amministratore condominiale. Pertanto nel caso di spese condominiali non pagate, l’amministratore può applicare gli interessi di mora? Secondo la Cassazione, gli interessi di mora per il ritardo dei pagamenti degli oneri condominiali sono legittimi esclusivamente se approvati all’unanimità dall’assemblea oppure se previsti all’interno del regolamento contrattuale (Sentenza n° 10196/2013). Pertanto non è possibile, con la sola maggioranza, statuire che i debitori debbano pagare anche la mora per le rate rimaste insolute. Una delibera assembleare approvata con la sola maggioranza dei presenti per l’applicazione degli interessi di mora è totalmente nulla, e quindi impugnabile da chiunque in qualsiasi momento. Questa nullità si estende anche nel caso di successive delibere sempre se, nel ripartire gli oneri di gestione, si applicassero i relativi interessi di mora. Questo vale anche nell’ipotesi di penale, intesa come multa, da erogare a carico dei condòmini che sono in ritardo con le rate condominiali. La Cassazione con sentenza n° 10929 del 2011 ha stabilito che, anche per eventuali penali richieste al condomino debitore, questa possibilità può essere valida solo se sia prevista da un regolamento condominiale approvato all’unanimità.

 

Si può chiedere l’indebito arricchimento al condomino che si è avvantaggiato dell’errato riparto delle spese causa tabelle millesimali variate od errate?

– Marco da Latina

Capita a volte, che nel corso della vita dell’edificio, vengano modificate le tabelle millesimali, vuoi perché alcune unità immobiliari sono state interessate da lavori es. per sopraelevazione oppure per la chiusura di una veranda o perché ci si è accorti di qualche errore nel calcolo dei millesimi. Nel primo caso è indubbio che le nuove tabelle possono avere valore solo dal momento in cui si sono effettivamente verificate le modifiche e quindi, non abbiano alcun valore per il passato. nel secondo caso, legittima potrebbe essere la pretesa, da parte di uno o più condòmini, di ottenere, la restituzione delle somme in più versate da chi si è avvantaggiato dell’errore delle tabelle. Secondo la Cassazione sentenza 5960 del 2011, se qualcuno ha avuto un vantaggio dall’utilizzo, delle tabelle errate, quindi non attendibili, deve versare quanto non ha precedente dato rispetto al dovuto. Insomma, bisogna attuare una compensazione tra chi ha pagato di più e chi, invece, di meno causa errato calcolo delle tabelle. Naturalmente se il condomino che ha versato meno non è d’accordo nel collaborare versando il dovuto, gli altri condòmini dovranno intraprendere un’azione giudiziaria per ottenere il pagamento delle quote arretrate, tecnicamente, ci troviamo dinanzi ad un “arricchimento senza causa” tanto recita l’Art. 2041 del Codice Civile “ chi senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto nei limiti dell’arricchimento a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”  Questa azione di indebito arricchimento deve essere intrapresa entro un termine massimo di 10 anni a pena di prescrizione del diritto Art. 2946 Codice Civile. Quanto sopra non significa che si potranno richiedere gli arretrati dell’ultimo decennio e non, anche, quelli a partire dall’edificazione del palazzo ma secondo il Codice Civile Art. 2935, la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere che, coincide, con il momento in cui chi subisce il danno viene adeguatamente informato dell’ingiustizia subita Cassazione sentenza n° 2945 del 2003. Esempio, se il condomino viene informato da un perito dell’errore dopo 30 anni dall’edificazione del palazzo, questo ha la possibilità di esercitare l’azione di indebito arricchimento entro 10 anni da tale momento. Diverso è il discorso della modifica delle tabelle millesimali a seguito della variazione di uno degli appartamenti, che non ha efficacia retroattiva e che può produrre effetti solo dal momento della loro approvazione, con efficacia ex nunc (irretroattiva). Inoltre, per quanto riguarda il ricalcolo dei millesimi, la legge stabilisce, che i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espresse nella tabella millesimale possono essere modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio nei seguenti casi: 

1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 

2) quando, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di unità immobiliari, il rapporto è alterato per più di 1/5 il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. 

In questi casi il relativo costo è sostenuto integralmente da chi ha dato luogo alla variazione, qualora la variazione non sia rilevante, la modifica delle nuove tabelle sarà sostenuta da tutti i condòmini. Questo vale anche nell’ipotesi di penale, intesa come multa, da erogare a carico dei condòmini che sono in ritardo con le rate condominiali. La Cassazione con sentenza n° 10929 del 2011 ha stabilito che, anche per eventuali penali richieste al condomino debitore, questa possibilità può essere valida solo se sia prevista da un regolamento condominiale approvato all’unanimità.

 

Che succede se il presidente d’assemblea si rifiuta di mettere a verbale le dichiarazioni di uno dei condòmini?

– Mirko da Aprilia

La figura del presidente di condominio non è menzionata dalla legge, comunque il suo ruolo è fondamentale all’interno dell’assemblea, infatti dirige la riunione, e si assicura che la stessa si svolga nel rispetto della legge e del regolamento. Per prima cosa, il presidente deve verificare che tutti gli aventi diritto siano stati convocati, fa l’appello dei presenti e verifica che gli assenti abbiano ricevuto l’avviso di convocazione, dopo di che comincia a dettare i punti all’ordine del giorno, dando la parola a chi vuole intervenire ed invitando i presenti a votare. Il segretario, nominato di solito dal presidente, mette a verbale tutto ciò che accade tra i presenti. Ogni votazione deve riportare i condòmini favorevoli, contrari e astenuti, con i relativi millesimi che rappresentano, alla fine della riunione il presidente firma il verbale e decreta la chiusura dell’assemblea. C’è da precisare che la firma sul verbale del presidente non è condizione di validità come è ricordato dalla giurisprudenza, pertanto anche in assenza della firma autografa detto verbale viene ritenuto legittimo. Tutte le dichiarazioni e gli interventi dei partecipanti alla riunione, se richiesti, vengono esposti nel verbale, naturalmente se inerenti con l’ordine del giorno. Se, invece, gli interventi non sono contemplati e messi a votazione non vi è alcun obbligo da parte del presidente. Durante la riunione è necessario invece annotare per esempio l’allontanamento di un condomino ecc. Ma che succede se il presidente rifiuta di verbalizzare alcune dichiarazioni dei condòmini? Un verbale può ritenersi valido anche se non sono trascritte le dichiarazioni dei presenti l’importante è che siano riportati i nominativi dei partecipanti i millesimi che rappresentano, e l’esito della votazione con la specifica dei favorevoli e dei contrari. Pertanto non è indispensabile che tutte le dichiarazioni siano messe a verbale. Ad esempio se un condomino vuole spiegare le ragioni della sua astensione, non è obbligatorio che queste vengano trascritte all’interno del verbale, importante è solo il voto. Necessita specificare però che ci sono delle ipotesi in cui la dichiarazione resa dal condomino costituisce un diritto che ha precise conseguenze, ad esempio, nell’ipotesi di una dichiarazione di dissenso alle liti, prendendo le distanze dalla causa che il condominio intende istaurare, beneficiando dell’esonero dal pagamento delle spese di soccombenza come si legge all’Art. 1132 del Codice Civile. In questi casi non ci sono dubbi circa l’obbligo, che riveste il presidente, di far mettere a verbale la dichiarazione del condomino. La mancata verbalizzazione delle intenzioni del condomino può portare non solo all’impugnazione del verbale entro il termine di trenta giorni ma anche agire contro il presidente per chiedergli il risarcimento dei danni.

RUBRICA CURATA DA

Giuseppe Arimatei Dal Pero Bertini

C.T.U. del Tribunale di Latina